La prima riguarda uno studio realizzato dagli scienziati dello US Department of Energy’s Pacific Northwest National Laboratory (PNNL), i quali sarebbero riusciti a mettere a punto un metodo per imprigionare molto più calore dalle fonti di energia geotermica a bassa temperatura per azionare una turbina che produca energia elettrica.
Il sistema ideato dal PNNL sfrutta le capacità di espansione e contrazione di un nuovo fluido bifasico, la cui efficienza termodinamica è stata nettamente migliorata grazie all’utilizzo di un nanomateriale chiamato MOHC (metal-organic heat carriers).
Attualmente la geotermia a bassa temperatura o "a bassa entalpia" (vedi Riferimenti a fondo pagina) è utilizzata per scopi termici mentre l’obiettivo degli scienziati americani è di produrre energia elettrica a basso costo da queste risorse.
La seconda novità, invece, riguarda un altro studio della New York University Stern che mette a confronto le varie fonti di energia, da cui risulta che la geotermia, seguita dell’eolico, è in assoluto la più efficiente.
Lo studio, condotto dalla professoressa Melissa Schilling, prende in considerazione sia il costo per kWh sia il ritorno economico di ogni singola tecnologia in rapporto agli investimenti in ricerca e sviluppo. Quello che emerge è che la geotermia (dati 2005) ha un costo di 3,1-4,3 centesimi per kWh contro i 18,8-31,3 del solare fotovoltaico, gli 11-15 del solare a concentrazione, e i 4,3-5,5 dell’eolico, e che, in rapporto agli investimenti, cresce molto più velocemente di tutte le altre fonti di energia.
Attualmente le fonti fossili, in rapporto, sono certamente meno dispendiose (1,2 centesimi/kWh per il carbone, 3,5 per il gas e 2,9 per il petrolio), ma se il Governo Obama investisse la cifra di 3,3 miliardi di dollari sulla geotermia, dice lo studio, quest’ultima potrebbe diventare anche più economica delle fonti tradizionali, che, oltretutto, hanno raggiunto dei palesi limiti tecnologici e di sfruttamento delle risorse.