Il dato allarmante emerge dal Rapporto “Gli impianti per il trattamento dei rifiuti in Italia”, presentato a Roma da Fise Assoambiente, l’associazione che in Confindustria rappresenta le aziende che operano in campo ambientale. La situazione emergenziale vissuta recentemente da diverse regioni del nostro Paese – secondo l’indagine – rischia di allargarsi all’intero territorio nazionale se non verranno individuate e progettate tempestivamente soluzioni di smaltimento alternative.
La ricerca, curata dalla Fondazione Sviluppo Sostenibile, ha interessato gli impianti di trattamento dei rifiuti presenti in Italia, evidenziando come, tra le diverse modalità di gestione, il conferimento in discarica ricopra ancora un ruolo dominante sia per i rifiuti urbani (47%), sia per quelli speciali, pericolosi e non (44%).
Considerando il ricorso continuo a questa forma di smaltimento dei rifiuti, a breve l’Italia dovrà fare i conti con l’esaurimento delle capacità residue disponibili. In assenza di necessarie soluzioni alternative in linea con i principi fissati in ambito europeo, non sarà possibile gestire a livello nazionale i rifiuti non avviabili al riciclo (circa 59,3 milioni di tonnellate nel 2007) e quelli prodotti al termine dei processi stessi del riciclo.
Un ulteriore campanello d’allarme, illustrato dalla ricerca, riguarda i tempi amministrativi e tecnici per realizzare non solo nuove discariche, ma eventualmente anche sistemi a tecnologia complessa, come, ad esempio, gli impianti di incenerimento.
Sulla base delle esperienze sino ad oggi registrate, la tempistica media per la progettazione e messa in funzione di un impianto va da un minimo di quattro anni ad un massimo di quasi sei. Il Paese si trova quindi già oggi in notevole ritardo per la programmazione di soluzioni alternative o di potenziamento delle attuali capacità di smaltimento.
Dal Rapporto emerge, inoltre, una forte disomogeneità nella distribuzione degli impianti di smaltimento sul territorio nazionale.
La percentuale dei rifiuti, urbani e speciali, avviati all’incenerimento in Italia è pari al 12%, ben al di sotto della media riscontrata in ambito europeo (oltre 20%). La capacità di recupero energetico dei termovalorizzatori, distribuita in modo disomogeneo sul territorio nazionale (69,8% al Nord, 14,6% al Centro e 15,6% al Sud) non consente ampi margini di ulteriore sfruttamento, in particolare al Nord dove la capacità annua disponibile è utilizzata, soprattutto per i rifiuti urbani, per oltre il 90%.
La ricerca, curata dalla Fondazione Sviluppo Sostenibile, ha interessato gli impianti di trattamento dei rifiuti presenti in Italia, evidenziando come, tra le diverse modalità di gestione, il conferimento in discarica ricopra ancora un ruolo dominante sia per i rifiuti urbani (47%), sia per quelli speciali, pericolosi e non (44%).
Considerando il ricorso continuo a questa forma di smaltimento dei rifiuti, a breve l’Italia dovrà fare i conti con l’esaurimento delle capacità residue disponibili. In assenza di necessarie soluzioni alternative in linea con i principi fissati in ambito europeo, non sarà possibile gestire a livello nazionale i rifiuti non avviabili al riciclo (circa 59,3 milioni di tonnellate nel 2007) e quelli prodotti al termine dei processi stessi del riciclo.
Un ulteriore campanello d’allarme, illustrato dalla ricerca, riguarda i tempi amministrativi e tecnici per realizzare non solo nuove discariche, ma eventualmente anche sistemi a tecnologia complessa, come, ad esempio, gli impianti di incenerimento.
Sulla base delle esperienze sino ad oggi registrate, la tempistica media per la progettazione e messa in funzione di un impianto va da un minimo di quattro anni ad un massimo di quasi sei. Il Paese si trova quindi già oggi in notevole ritardo per la programmazione di soluzioni alternative o di potenziamento delle attuali capacità di smaltimento.
Dal Rapporto emerge, inoltre, una forte disomogeneità nella distribuzione degli impianti di smaltimento sul territorio nazionale.
La percentuale dei rifiuti, urbani e speciali, avviati all’incenerimento in Italia è pari al 12%, ben al di sotto della media riscontrata in ambito europeo (oltre 20%). La capacità di recupero energetico dei termovalorizzatori, distribuita in modo disomogeneo sul territorio nazionale (69,8% al Nord, 14,6% al Centro e 15,6% al Sud) non consente ampi margini di ulteriore sfruttamento, in particolare al Nord dove la capacità annua disponibile è utilizzata, soprattutto per i rifiuti urbani, per oltre il 90%.
Fonte: AGI
La notizia è su http://www.insic.it/dettaglio.asp?id=81044&tipo=9