Quindi, nell’ordine di importanza, la gomma, la rotaia, la navigazione su vie d’acqua interne, gli oleodotti. Un primo importante dato che emerge dallo studio è il robusto tasso di crescita messo a segno dal settore freight transport: più 4,7 per cento in un solo anno.
Un valore che risulta essere doppio – come ordine di grandezza – rispetto all’andamento tendenziale del prodotto interno lordo, sempre considerando i 27 Paesi della Ue. È significativo evidenziare come i tassi più robusti di sviluppo dei trasporti interni siamo stati rilevati in alcune delle nazioni di più recente ingresso nella comunità.
La Repubblica Ceca segna un più 12,9 per cento, l’Ungheria beneficia di un progresso del 16,1 per cento, la Polonia progredisce del 10,8, la Slovenia dell’8,4, la Romania del 5,5. Significativi anche il più 6,3 per cento della Germania e dell’Austria e lo stratosferico più 42,1 per cento della Grecia.
L’Italia è appena al di sotto della media continentale (più 4 per cento). Il regresso più sensibile (se si esclude Cipro che, tuttavia, è ininfluente nel quadro generale dei trasporti europei) riguarda la Danimarca (meno 8 per cento). Estonia e Irlanda finiscono entrambe a meno 3. Un altro dato significativo riguarda il volume dei trasporti effettuati. Nel complesso 2.595,5 miliardi di tonnellate/chilometro, concentrati principalmente in sei nazioni.
La Germania con 517 miliardi detiene la fetta più sostanziosa della torta (il 19,9 per cento), alle sue spalle – molto distanziata – la Francia con 283 miliardi di tonnellate/chilometro e uno share del 10,9 per cento. Per il terzo gradino del podio la Spagna supera l’Italia e questa non è una grossa sorpresa, vista la spinta di cui tutta l’economia spagnola ha saputo beneficiare in questi ultimi anni. Le quote sono, rispettivamente, 264 miliardi di tonnellate/chilometro (10,2 per cento) e 256 miliardi (9,9 per cento). La vera sorpresa riguarda la quinta posizione, occupata dalla Polonia (208 miliardi di tonnellate/chilometro), che supera di slancio l’Inghilterra (206 miliardi di tkm).
È davvero un risultato significativo quello messo a segno dalla nazione dell’Est che dimostra come, sempre di più, il baricentro dei trasporti e dell’economia continentale si stia spostando verso Est. Le sei nazioni top, considerate assieme, sviluppano i due terzi del traffico interno della Ue a 27. Se si aggiunge anche l’Olanda (settima con uno share del 5,3 per cento), si supera agevolmente il 70 per cento. La pubblicazione di Eurostat contribuisce anche a meglio calibrare alcuni giudizi che circolano nel nostro Paese, quando si parla di differenti modalità di trasporto.
Secondo un diffuso luogo comune, lo strapotere della gomma rispetto alla rotaia costituirebbe un’anomalia unicamente del nostro Paese. Mentre il resto dell’Europa, più lungimirante e attento alle politiche ambientali, farebbe viaggiare su rotaia la maggior parte delle merci. La realtà è (almeno in parte) differente. Attualmente nell’Europa a 27 Paesi il 73 per cento delle merci viaggia su strada, la rotaia si aggiudica il 17 per cento; il rimanente 10 per cento è distribuito quasi equamente tra le vie d’acqua e le pipeline. Diamo subito i dati dell’Italia: 86 per cento di gomma (sempre in termini di tonnellate/chilometro), 9 per cento di rotaia, zero pressoché assoluto alla voce “trasporti interni sulle vie d’acqua”, 4 per cento per gli oleodotti. La distanza rispetto ai modelli virtuosi dell’Europa c’è, quindi; è innegabile.
Ma la dominanza della strada non può esser considerata una distorsione tutta nostrana. Per esempio, in Spagna, addirittura il 92 per cento delle merci viaggia su camion, mentre la rotaia si riduce a un misero 4 per cento. In Francia la rotaia si aggiudica “solo” il 14 per cento, tre punti in meno rispetto alla media continentale. In Danimarca, addirittura, la rotaia si ferma al 7 per cento, valore quindi al di sotto della stessa performance nostrana. In Inghilterra il modello di riferimento è molto simile a quello italiano: 83 per cento di trasporti su camion, solo 11 per cento su ferrovia. Irlanda e Grecia, realtà comunque assai più contenute dell’Italia, sfiorano il cento per cento di traffici su camion.
Tornando alle nazioni leader, molto bene invece si comporta la Germania, con un 21 per cento di “quota mercato” per il treno e un 12 per cento per la navigazione interna. L’Olanda si “salva” dall’alternativa di uno strapotere della gomma, ma lo fa grazie alle vie navigabili. Nella terra degli orange il ruolo della rotaia è meno della metà che in Italia, solo il 4 per cento delle merci passa per una stazione. Al di là di questi esempi, in via generale si può dire che sono soprattutto le nazioni dell’Est a tenere alta la quota della ferrovia a livello continentale: 65 per cento in Estonia rispetto al 35 per cento della strada, 54 per cento in Lettonia rispetto al 34 della strada, 26 per cento in Polonia, 38 per cento in Lituania…
Sarebbe però azzardato considerare i valori suddetti solo come un merito. Più in generale, infatti, questi valori sono la spia di una situazione economica ancora difficile e in profonda evoluzione, e di una mancanza (temporanea) di infrastrutture adeguate a supportare un traffico pesante. Infatti, in alcune di queste nazioni i tassi di crescita della modalità road sono enormemente superiori rispetto a quelli dell’opzione rail. Significa che la quasi totalità dei trasporti aggiuntivi è “costretta” a scegliere la strada e si sta dunque allontanando dall’opzione “ferro”. Ancora una volta si forniscono alcuni esempi a conferma del concetto espresso.
Tra il 2005 e il 2006 i trasporti nella Repubblica Ceca sono cresciuti, nel complesso, del 12,9 per cento. La strada ha però registrato un tasso triplo rispetto alla rotaia (più 15,9 in confronto a più 5,9 per cento). In Lettonia i valori sono stati, rispettivamente, più 28,1 per cento e meno 14,9 per cento, in Lituania più 14,0 e più 3,5 per cento, in Ungheria più 21,1 e più 11,8 per cento, in Polonia più 14,7 e più 7,3 per cento, in Romania più 10,9 e meno 4,8 per cento.
In controtendenza, tra i grandi Paesi di recente ingresso nella Ue, sembra essersi mossa solo la Bulgaria: meno 4,2 per cento per i trasporti su strada, più 4,5 per quelli su rotaia. Considerando le nazioni del cuore dell’Europa la situazione è stata molto più incerta. Il tasso di crescita percentuale della strada è stato (tendenzialmente) superiore a quello della rotaia solamente in Francia, Svezia Portogallo e Spagna. In Irlanda la strada ha sì registrato un regresso del 2,6 per cento, ma la rotaia un crollo del 32,3.
Inferiore, invece, è stata la corsa della gomma in confronto al ferro in Germania, Olanda, Austria, Gran Bretagna, Belgio. E, a sorpresa, anche in Italia (più 4,1 per cento per la gomma, più 6,2 per la rotaia). La Danimarca registra una contrazione per entrambe le tipologie, ma più sostenuta sulle strade che lungo i binari.
Articolo di Davide Canevari su http://www.giornaleingegnere.it