Il possibile sviluppo del settore nucleare

Data:
17 Marzo 2009

Queste
apparenti “lungaggini”, che in ogni caso possono essere ridotte con
opportuni interventi legislativi senza intaccare la sicurezza, sono
tutte tese ad ottenere alla fine un prodotto, cioè un impianto
nucleare, che rispetti integralmente il progetto, le norme e le
procedure di sicurezza nazionali ed internazionali. Un altro aspetto
fondamentale da tenere in considerazione per definire una strategia di
sviluppo energetico di un Paese è quello di non condizionarla
all’andamento dei prezzi sui mercati internazionali delle fonti
energetiche fossili, petrolio e gas naturale, come si rischia di fare
in questi periodi in cui il prezzo del barile di petrolio è salito un
anno fa a 150 $ al barile per poi tornare ai 40 $ di oggi.

Questi
andamenti dipendono da condizioni geopolitiche oltre che di mercato non
sempre prevedibili e tanto meno governabili dai Paesi consumatori come
il nostro. L’Italia deve affrancarsi da questa dipendenza sia per
prevenire futuri rincari delle fonti fossili sia per diversificare le
fonti oggi utilizzate per la produzione di energia elettrica.

Quadro internazionale di riferimento

La
situazione energetica internazionale, caratterizzata da una domanda di
fonti energetiche fossili in forte aumento, richiede la necessità di
scelte tempestive e lungimiranti soprattutto e prioritariamente da
parte dei Paesi industrializzati come il nostro, che da un lato
riducano i rischi derivanti dall’approvvigionamento delle fonti
energetiche fossili e di impatto ambientale e dall’altro lato si
integrino positivamente con le legittime aspettative di sviluppo
economico e sociale di tutti quei Paesi che mirano a raggiungere
livelli simili a quelli dei Paesi dell’OCSE.

E’
in questo contesto internazionale che si sta assistendo ad un rilancio
della tecnologia nucleare per la produzione di energia elettrica con
l’obiettivo prioritario di arrivare a disporre di tecnologie che
risolvano alla radice i tre fondamentali problemi che fino ad oggi
hanno reso questa tecnologia poco accettabile da parte dell’opinione
pubblica e poco efficace in termini di sicurezza internazionale
(rispetto del Trattato di non proliferazione – TNP):

  • la quantità e la qualità (livelli e tempi di decadimento radioattivo) dei rifiuti radioattivi,
  • la sicurezza intrinseca delle centrali elettronucleari,
  • la “resistenza” alla proliferazione nucleare per evitarne usi impropri (TNP).

 

Infatti,
le tecnologie nucleari per la produzione di energia elettrica, a
partire dalla costruzione dei primi impianti industriali degli anni
50/60 ad oggi , hanno subito notevoli miglioramenti in termini di
sicurezza e funzionalità. Questi cambiamenti, convenzionalmente, sono
stati codificati in una serie successiva temporale di tecnologie che
vanno sotto il nome di reattori nucleari di Generazione I, II, III,
III+ e IV. Oggi le centrali nucleari della Generazione I non sono più
in esercizio, mentre in funzione nel mondo vi sono quelle che
appartengono alle Generazioni II e III. In costruzione vi sono quelle
della “Generazione III+”. Quelle della “Generazione IV” sono ancora in
via di sviluppo e dovrebbero essere industrialmente disponibili sul
mercato tra 25/30 anni quando l’iniziativa denominata GIF (Generation
IV International Forum), avviata nel 2000 da Argentina, Brasile,
Canada, Francia, Giappone, Repubblica di Corea, Repubblica del Sud
Africa, Svizzera, Regno Unito e USA, cui si sono ultimamente aggiunti
Russia e Cina, avrà sviluppato e reso industrialmente disponibili nuove
tecnologie nucleari che risolvano efficacemente i problemi di fondo
sopra richiamati, compresa la competitività con le altre fonti
energetiche.

Nel
2006, il Governo USA ha lanciato una iniziativa denominata GNEP (Global
Nuclear Energy Partnership), con l’obiettivo di evitare che, la
crescente domanda di centrali elettronucleari proveniente anche da
Paesi in via di sviluppo, porti con sè la proliferazione di tecnologie,
quali l’arricchimento dell’uranio ed il riprocessamento del
combustibile nucleare esaurito, il cui uso potrebbe incidere
negativamente sulla sicurezza internazionale. Questa iniziativa, se da
un lato tende a potenziare il Trattato di non proliferazione (TNP),
dall’altro permetterà agli USA di poter ritornare alla tecnologia del
riprocessamento per il loro combustibile nucleare esaurito, oggi
stoccato in contenitori metallici nei piazzali delle loro centrali
elettronucleari, alla tecnologia del riprocessamento.
 
Queste
due iniziative si distinguono nettamente da quelle che, fino ad oggi,
hanno portato ai progetti industriali dei reattori nucleari della
Generazione III+. Infatti, mentre la ricerca e lo sviluppo delle
tecnologie nucleari fino alla Generazione III+, oggi industrialmente
disponibili, hanno mirato ad offrire sul mercato, centrali
elettronucleari soprattutto “intrinsecamente sicure”, le due succitate
iniziative internazionali GIF e GNEP mirano per la prima volta a
realizzare un sistema integrato “centrale elettronucleare/ciclo del
combustibile nucleare/smaltimento dei rifiuti radioattivi” che:
  1. riduca drasticamente qualità, quantità e tempi di decadimento del livello radioattivo dei rifiuti,
  2. aumenti ulteriormente la vita energetica del combustibile nucleare
    prima di essere scaricato dalla centrale. Questo obiettivo
    incrementerebbe l’operatività della centrale riducendo i già contenuti
    costi di esercizio,
  3. mantenga e se possibile migliori gli elevati livelli di sicurezza
    intrinseca raggiunti con le tecnologie della Generazione III+,
  4. raggiunga un più elevato livello di “resistenza” alla proliferazione di
    tecnologie nucleari del ciclo del combustibile nucleare, come
    l’arricchimento dell’uranio ed il riprocessamento del combustibile
    esaurito, che rischierebbero di essere utilizzate in modo improprio.
Quadro nazionale di riferimento
 
Dal
1987, l’Italia ha abbandonato la tecnologia nucleare da fissione per la
produzione di energia elettrica. Il nostro sviluppo energetico si è
concentrato sull’uso delle fonti fossili, integrate da fonti
rinnovabili (soprattutto quella idroelettrica) e da una
riduzione/razionalizzazione dei consumi negli usi finali dell’energia
attraverso vari interventi nei settori industriale, civile e dei
trasporti.
 
Oggi
scontiamo una dipendenza energetica dall’estero pari all’85% del totale
dei consumi interni ed una forte rigidità nell’uso di fonti primarie e
di tecnologie per la produzione di energia elettrica.
 
Alla
luce dell’insieme delle domande di nuove autorizzazioni di centrali
termoelettriche di questi ultimi anni, delle difficoltà di penetrazione
del carbone e della persistente marginalità delle fonti rinnovabili, il
mix di fonti primarie per la produzione di energia elettrica si è
praticamente concentrato prevalentemente sull’uso del gas naturale. Ciò
ci ha portato ad una forte e, conseguentemente, “rischiosa” dipendenza
da questa fonte energetica (quello che è successo l’anno scorso e sta
accadendo anche in questo periodo invernale tra Russia, Ucraina,
Comunità Europea e altri Paesi dell’est ne è un esempio sintomatico)
che, tra l’altro, viene attualmente importata quasi esclusivamente “via
tubo” rendendoci rigidamente legati ad alcuni fornitori. A questo si
aggiunga che le risorse nazionali di questa fonte energetica si stanno
fortemente riducendo anche per la mancanza di nuove attività di ricerca
sia su terraferma sia in mare.
 

Prospettive nazionali di sviluppo industriale del settore nucleare
 
In
questa situazione, l’Italia dovrebbe prendere e sta prendendo una serie
di iniziative concrete, in un contesto di coordinamento con le linee
direttrici della politica energetica industriale e di ricerca fino ad
oggi definite dall’UE e con l’obiettivo strategico del superamento del
referendum del 1987, per una nuova politica energetica che nel medio
termine veda anche la tecnologia nucleare di Generazione III+ tra le
opzioni possibili per far fronte ai fabbisogni energetici nazionali.

 

L’Italia
deve cogliere tutte le occasioni offerte a livello europeo ed
internazionale, nel campo sia industriale sia della ricerca, per il
nostro reinserimento nella tecnologia nucleare, per risolvere i
problemi della disattivazione degli impianti nucleari nazionali
obsoleti, per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi e per la
produzione di energia elettrica.
 
Il
nostro reinserimento nel settore nucleare, tenendo conto che si sta
operando in un mercato europeo liberalizzato, potrebbe avvenire
attraverso una serie di iniziative industriali e di ricerca che
potrebbero mettere in moto ingenti investimenti che farebbero da traino
a tutte quelle risorse necessarie affinché formino un “sistema Italia”
capace di affrontare gradualmente la sfida della costruzione delle
nuove centrali elettronucleari, con una certa autonomia da operatori
esteri. Il “sistema Italia” ha, oggi, di fronte a se una concreta serie
di occasioni per iniziative industriali e di ricerca che potrebbero
mettere in moto il ritorno del nostro Paese al nucleare.
 

Attività principalmente industriali nel breve/medio termine
 
  • La
    realizzazione, con riferimento anche ad impegni sottoscritti a livello
    internazionale, di un deposito nazionale dove smaltire definitivamente
    i rifiuti radioattivi accumulati fino ad oggi e quelli che verranno
    prodotti con le attività programmate e non di smantellamento e di altra
    natura. Questo deposito è fondamentale per poter avviare i programmi di
    smantellamento delle parti radioattive degli impianti. Questa
    iniziativa industriale mette in moto una collaborazione importante tra
    mondo industriale e mondo della ricerca che permetterà di avviare lo
    sviluppo dei due mondi cominciando a recuperare ciò che abbiamo perso
    dopo il 1987. Il deposito richiede investimenti che trovano copertura
    nel fondo accumulato presso la Cassa Conguaglio Settore Elettrico
    (CCSE) con un prelievo dalla bolletta elettrica (cosiddetta “componente
    A2”). Poiché il fondo presso la CCSE per legge è destinato solo a
    coprire i costi degli smantellamenti degli impianti nucleari obsoleti,
    tale finanziamento verrà recuperato dalla CCSE tramite il non
    pagamento, da parte della SOGIN S.p.A., del prezzo di conferimento dei
    rifiuti radioattivi al deposito;

  • la chiusura degli esiti del nucleare pre-1987 secondo le linee
    strategiche già definite per lo smantellamento degli impianti nucleari
    nazionali obsoleti. Questo programma, nell’arco dei prossimi 25/30
    anni, permetterà di mettere in moto investimenti, finanziati col fondo
    accumulato presso la CCSE con un prelievo diretto (componente A2) dalla
    bolletta elettrica;
  • la collaborazione con la Russia per lo smantellamento di sommergibili
    nucleari dell’ex-URSS. Questo programma, nato nel 2000 con un impegno
    del Governo italiano in ambito G8, si sta già attuando con fondi
    pubblici;
  • la
    definizione in tempi brevi con la Commissione Europea e l’EURATOM di un
    accordo che consenta all’Italia di gestire l’intero programma di
    smantellamento degli impianti nucleari obsoleti ubicati nel Centro
    Comune di Ricerche di Ispra;
  • la
    realizzazione della prima centrale elettronucleare con tecnologia della
    Generazione III+. Questa iniziativa romperebbe il muro di ghiaccio che
    si era formato contro la tecnologia nucleare fin dal 1987;
Per
far fronte ad un programma così vasto e complesso che impegnerebbe
investimenti, nell’arco dei prossimi 25/30 anni, di dieci/quindici
miliardi di euro provenienti da fonti diverse (pubbliche, europee e
private) e questo senza tener conto di quanto l’industria italiana sta
già facendo all’estero (Slovacchia, Romania, Bulgaria), è necessario
che il “sistema Italia”, in tutte le sue articolazioni (industriali,
ricerca e politiche):
  • persegua
    accodi di collaborazione con operatori esteri depositari delle
    tecnologie nucleari che possono essere offerte sul mercato. Alcuni
    progetti di reattori nucleari della “Generazione III+” hanno già
    superato le procedure di licenziabilità e sono in fase di costruzione
    in Europa (per esempio in Finlandia e Francia). Questa tecnologia della
    cosiddetta Generazione III+, dovrebbe coprire il mercato europeo e
    internazionale fino agli anni 2025/30, anni in cui si prevede di avere
    a disposizione industrialmente le tecnologie della “Generazione IV”;
  • persegua
    accodi di collaborazione con utilities di Paesi che producono energia
    elettrica anche da fonte nucleare. Ciò permetterebbe l’espansione, già
    in atto sui mercati esteri, delle nostre “utilities” con l’obiettivo di
    ridurre i costi di importazione di energia elettrica e, nel breve/medio
    termine, di sviluppare anche in Italia quelle competenze di esercizio e
    manutenzione che al momento opportuno saranno utili per la gestione di
    nuove centrali elettronucleari italiane. Questo obiettivo è già
    perseguito con lungimiranza ed efficacia dall’ENEL;
  • persegua
    accordi di collaborazione nel campo del ciclo del combustibile e della
    gestione dei rifiuti radioattivi, con gli operatori industriali dei
    Paesi con cui sono già in atto relazioni industriali nel campo della
    domanda e dell’offerta di tecnologie elettronucleari. Tali accordi ci
    permetterebbero di ridurre l’incidenza dei costi di tali servizi a
    monte ed a valle del reattore nucleare sul costo dell’energia elettrica;
  • agevoli
    lo sforzo già in atto per incrementare la capacità nazionale di
    esportazione sui mercati esteri di materiali, componenti, impianti e
    servizi . E’ in quest’ambito che si collocano attività già in corso
    come la partecipazione di imprese nazionali alla realizzazione e alla
    ristrutturazione di centrali elettronucleari all’estero;
  • individui
    interventi, nel rispetto delle regole di un mercato liberalizzato, per
    rendere accettabili agli investitori sia le conseguenze degli alti
    costi d’investimento necessari e dei lunghi tempi di ritorno degli
    investimenti sia i rischi derivanti dall’accettabilità sociale di
    questo tipo di tecnologia;
  • definisca
    norme e procedure atte a contenere i tempi di autorizzazione e di
    costruzione nell’ottica di ridurre i tempi di ritorno degli
    investimenti, ma sempre nel rispetto delle norme nazionali ed
    internazionali di sicurezza nucleare;
  • operi
    affinché si creino le condizioni di accettabilità sociale della
    tecnologia nucleare: informazione, formazione, incentivazione,
    colloquio trasparente e costante con le autorità locali e regionali.
 
Attività di ricerca e sviluppo nel medio/lungo termine
 
La
necessità di costruire centrali elettronucleari con le tecnologie della
“Generazione III+”, per coprire l’arco di tempo di 25/30, non ci deve
far dimenticare l’iniziativa internazionale che fu avviata nel 2000 per
la ricerca, lo sviluppo, l’industrializzazione e la licenziabilità di
una o più tecnologie nucleari della Generazione IV. Pertanto, sarebbe
opportuno che l’Italia aderisse al GIF collaborando ai suoi programmi
di ricerca e sviluppo dei nuovi reattori, insieme con Argentina,
Brasile, Canada, Cina, Francia, Giappone, Regno Unito, Repubblica di
Corea, Repubblica del Sud Africa, Russia, Svizzera e USA.

Questi
nuovi reattori nucleari mirano ad avere caratteristiche ancora più
avanzate, rispetto a quelli della Generazione III+. Gli ulteriori
miglioramenti previsti riguardano, più che la sicurezza intrinseca del
reattore nucleare già elevata nei reattori della Generazione III+,
l’accettabilità sociale, vale dire la riduzione drastica della
produzione di rifiuti radioattivi e del loro periodo di decadimento, la
convenienza economica rispetto alle fonti fossili, vale a dire di
contenimento dei costi e dei tempi d’investimento, la minimizzazione
dei rischi di proliferazione nucleare, vale a dire rendere
tecnologicamente ed economicamente molto complesso e non conveniente ai
Paesi che vogliono utilizzare l’energia nucleare dotarsi di impianti di
arricchimento dell’uranio e di riprocessamento del combustibile
nucleare esaurito. Attraverso l’adesione diretta al GIF, l’Italia
parteciperebbe a pieno titolo allo sviluppo di avanzate tecnologie
nucleari che domineranno il mercato post-“Generazione III+”, mettendo
il nostro sistema industriale in condizioni più favorevoli sui mercati
nazionale ed internazionale.
Un
programma di questo tipo che coinvolge sia il mondo industriale sia
quello della ricerca richiede non solo risorse finanziarie ma in
particolare risorse umane di cui difettiamo. Per questo motivo il mondo
dell’università e della ricerca deve essere messo in grado di formare
risorse umane in qualità e quantità adeguate al programma sia per poter
essere il supporto efficace ai programmi di investimento industriali
sopra descritti sia per gestire i complessi programmi del GIF,
coinvolgendo efficacemente il mondo industriale, sia per rendere
operativa ed efficiente l’autorità che è preposta alla sicurezza
nucleare (la parte nucleare di ISPRA). Questi interventi si proiettano
nel medio/lungo termine integrandosi coerentemente con la strategia
complessiva che il Governo si sta dando per il ritorno dell’Italia allo
sfruttamento delle tecnologie nucleari. Pertanto le Università e gli
enti di ricerca nucleare, come l’ENEA, devono celermente essere messi
in grado di avviare programmi di formazione di risorse umane che
formino un qualificato serbatoio da cui gli operatori industriali e le
autorità di sicurezza nazionali possono pescare le necessarie risorse e
competenze per la loro attività.
 
 

 

 

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