Chiusa l’indagine conoscitiva dell’Antitrust: 13 categorie restie a liberalizzare.
L’articolo di Luigi Berliri su http://mondoprofessionisti.comingonweb.it/
La maggior parte degli Ordini sta resistendo ai principi di liberalizzazione introdotti dalla legge Bersani. Dagli architetti agli avvocati, dai farmacisti ai geometri, giornalisti, ingegneri, medici e odontoiatri, per finire ai notai, periti industriali, psicologi, dottori commercialisti: in Italia resiste ancora una regolamentazione normativa che attribuisce ingiustificati privilegi a 13 categorie professionali, vere e proprie caste. È il j’accuse dell’Antitrust che appena concluso l’indagine conoscitiva su 13 ordini professionali, avviata a gennaio 2007 e da cui «emerge una scarsa propensione delle categorie, sia pur con positive eccezioni, ad accogliere nei codici deontologici quelle innovazioni necessarie per aumentare la spinta competitiva all’interno dei singoli comparti». Anzi, «la liberalizzazione della pattuizione del compenso del professionista, la possibilità di fare pubblicità informativa e di costituire società multidisciplinari – si legge nelle conclusioni – non sono state colte come importanti opportunità di crescita ma come un ostacolo allo svolgimento della professione». Per l’Antitrust insomma «il settore dei servizi professionali non può sottrarsi ai principi concorrenziali più volte ribaditi anche a livello comunitario» e auspica che gli Ordini si mettano in riga. L’indagine Antitrust ha riguardato i codici deontologici di architetti, avvocati, consulenti del lavoro, farmacisti, geologi, geometri, giornalisti, ingegneri, medici e odontoiatri, notai, periti industriali, psicologi, dottori commercialisti ed esperti contabili.
Riformare per garantire la liberalizzazione: nell’ottica di favorire la più ampia liberalizzazione dei servizi professionali occorre, sostiene il Garante, «prevedere percorsi più agevoli di accesso alle professioni e un sistema degli ordini aperto alle rappresentanze di soggetti terzi per meglio svolgere il necessario ruolo di raccordo tra professionisti e utenti dei servizi professionali. È dunque auspicabile che il legislatore preveda, a seconda delle circostanze, l’istituzione di corsi universitari che consentano di conseguire direttamente l’abilitazione all’esercizio della professione. Anche il periodo di tirocinio dovrebbe essere proporzionato alle esigenze di apprendimento pratico delle diverse professioni e dovrebbe poter essere svolto, ove in concreto possibile, nell’ambito degli stessi corsi di studio». Per l’Antitrust, inoltre, «sarebbe opportuno che gli organi di governo degli ordini non siano più espressione esclusiva degli appartenenti, ma siano composti anche da soggetti estranei agli ordini stessi». Da qui l’auspicio ad «un intervento del legislatore volto ad emendare la legge Bersani, prevedendo: l’abolizione delle tariffe minime o fisse; l’abrogazione del potere di verifica della trasparenza e veridicità della pubblicità esercitabile dagli ordini; l’istituzione di lauree abilitanti; lo svolgimento del tirocinio durante il corso di studio; la presenza di soggetti terzi negli organi di governo degli ordini.
La resistenza sulle tariffe minime: se alcuni Ordini (Geometri, Dottori Commercialisti, periti industriali e Farmacisti), »hanno adeguato i loro codici deontologici in materia di determinazione del compenso professionale ai principi concorrenziali, molti altri – lamenta l’Antitrust – hanno mostrato resistenze, anche fondate sull’idea che il professionista sia ancorato al rispetto del ‘decorò della professione nella determinazione della parcella, in quanto il decoro imporrebbe ai professionisti l’applicazione delle tariffe minime. Così, alcuni ordini (notai, geologi e psicologi, oltre ai giornalisti) ancora oggi prevedono, nei rispettivi codici deontologici, l’applicazione delle tariffe minime o fisse per la remunerazione delle prestazioni professionali«. Per l’Autorità, viceversa, »la nozione di decoro dovrebbe essere inserita, invece, nei codici di autoregolamentazione esclusivamente come elemento che incentivi la concorrenza tra professionisti e rafforzi i doveri di correttezza professionale nei confronti della clientela e non per guidare i comportamenti economici dei professionisti.
I filtri sulla pubblicità: alcuni codici deontologici esaminati, dettano, in materia di pubblicità, disposizioni piuttosto restrittive, segno di una forte resistenza al recepimento dei principi antitrust. Particolarmente restii a introdurre i principi concorrenziali sono apparsi gli ordini degli avvocati, dei notai, degli architetti, degli ingegneri, dei medici e odontoiatri, degli psicologi e dei geologi. Altri ordini, tra cui il nuovo Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, il Collegio dei geometri, il Collegio dei periti industriali e l’Ordine dei farmacisti, hanno invece adeguato i rispettivi codici di condotta alle osservazioni formulate dall’Antitrust nel corso dell’indagine, eliminando le limitazioni relative ai mezzi di diffusione delle pubblicità e al contenuto delle pubblicità, tra cui i limiti del decoro e della dignità della professione. Solo geometri e periti industriali hanno infine previsto espressamente la facoltà di diffondere messaggi pubblicitari comparativi. Alcuni ordini vietano ai propri iscritti di pubblicizzare i compensi (avvocati e notai), altri di utilizzare determinati mezzi di diffusione (ad esempio, geologi). Inoltre alcune categorie hanno previsto un potere di controllo autorizzatorio e preventivo (avvocati, psicologi, medici e odontoiatri, ingegneri, geologi), mentre la legge Bersani si limita a prevedere una verifica successiva alla diffusione del messaggio pubblicitario. In alcuni codici è stata infine prevista la facoltà o l’obbligo di trasmissione della pubblicità, contestuale o successiva alla diffusione, all’organismo di controllo deontologico (farmacisti, psicologi, geologi, avvocati per i messaggi diffusi sul web).