Sostenibilità e responsabilità nell’attività professionale

Data:
3 Maggio 2009

Ogni giorno di più si manifesta nel territorio la convinzione dell’insufficienza delle attuali regole (VIA – VAS, eccetera), per la sostenibilità delle modificazioni antropiche dell’ambiente, spesso ricondotte ad utopiche aspettative di modificazione delle cattive abitudini dei responsabili delle interpretazioni regolamentari o della strumentale utilizzazione dei veti operativi o ingiustificati ritardi decisionali, quasi sempre motivati dalla deviante personale convinzione politica o sociale dell’istituzione preposta se non addirittura del singolo funzionario.
L’evoluzione del CSR (Corporate Social Responsibility) anche nelle politiche dell’Unione Europea, dalle risoluzioni del Consiglio di Lisbona alla recente comunicazione del marzo 2006, ha stimolato un numero sempre maggiore di Governi nazionali alla promozione e diffusione del CSR, con la legittimazione e lo sviluppo delle pratiche e degli strumenti strategici e competitivi nei diversi settori.
Già nei primi anni di questo XXI secolo oltre il 90 per cento delle aziende inserite nell’elenco di Fortune 500, ha integrato la CSR tra gli obiettivi strategici e gestionali/organizzativi (F. Perrini – Il contributo delle imprese allo sviluppo – Rotary n°3 marzo 2009 – Ulisse Milano), evidenziando in bilancio societario numerose attività sociali, di miglioramento ambientale e di contenimento dei consumi energetici da fonti non rinnovabili.
Per effetto di premonizioni sulla crisi globale del modello di capitalismo, basato esclusivamente sulla creazione del valore da parte dell’attività di ricerca, professionale o aziendale, per favorire gli interessi dei committenti o degli azionisti, attività spesso orientata al mero superamento delle elastiche interpretazioni di leggi e divieti, di fronte all’aggravarsi delle conseguenze originate dalle sperequazioni sociali e di crescita economica, sostenuti da virtuali aspettative di generoso profitto, originato spesso, da processi industriali con eccessivo consumo delle risorse più preziose per la sopravvivenza del genere umano, oggi si assiste ad un progresso scientifico, tecnico e capitalistico “virtuoso e responsabile”, con un’attenzione costante dei responsabili al soddisfacimento di tutte le parti sociali legate all’attività di ricerca, professionale ed aziendale con il rinnovamento dei modelli di produzione e di consumo finalizzato.
Una delle fondamentali conseguenze della revisione critica al pensiero della società occidentale, proposta dal padre delle scienze sociali Max Weber (1864-1920), nel rapporto tra etica della “convinzione” ed etica della “responsabilità” nella sfera scientifica, finanziaria, economica ed ambientale, consiste non già nella mancanza di responsabilità per chi opera in un’etica di “convinzione”, cioè secondo le regole attuali basate su norme e divieti, ma nella differenza incolmabile con l’agire secondo l’etica della responsabilità, secondo la quale bisogna rispondere delle conseguenze prevedibili delle proprie azioni. (P. Volontè: Max Weber – L’etica della Responsabilità- La nuova Italia – Milano).
Le nuove forme e le nuove dimensioni dell’agire tecnologico, che consentono all’uomo di interferire nei processi naturali, producendo effetti irreversibili e potenzialmente catastrofici, esigono un’etica della responsabilità altrettanto nuova: un’etica della responsabilità a lunga portata che nessuna trasgressione attuale ha già evidenziato nelle realtà.(H. Jonas – Prassi del principio di responsabilità- Einaudi – Torino).
Chiaramente, per attenuare l’eccessiva prudenza con i conseguenti effetti paralizzanti della paura, occorre combattere l’atteggiamento pessimistico dei soli presagi negativi, poiché la storia e la ragione ci autorizzano a pensare con fondata speranza, a una piena fiducia nell’uomo e nelle sue capacità di superare le prevedibili future prove non certamente facili e indolori, come quella individuabile nell’attuale crisi mondiale.
L’indirizzo della paura si manifesta in modo più sensibile nel comportamento pratico/politico dell’eccessiva precauzione del fare, con l’evidente posizione passiva o negativa, demagogicamente ostile alla logica dell’etica della prevenzione, che è la più efficace e importante tutela della biosfera, con l’adozione di tutte le misure orientate alle prevedibili calamità generate dal fattore umano o naturale, occorre cioè combattere un progresso che veda la vocazione della responsabilità dell’uomo nell’evoluzione della società del fare, soccombere al proliferare di norme, nel quale diventa difficilissimo far rispettare anche le migliori leggi in una società in cui la maggioranza delle persone non sono già sostanzialmente oneste, secondo una logica per cui: l’etica della responsabilità serve ad economizzare il processo di applicazione delle buone leggi , e nello stesso tempo a renderne superflue molte altre (G. S. Becker – Il Sole 24ore, 15/06/93).
In conclusione per l’insegnamento che ci viene dalla storia, la riflessione sulla responsabilità deve comprendere il complesso mondo dei rapporti umani con gli altri uomini e con la natura; deve cioè calarsi tra la gente ed acquisire il necessario peso mediatico, educando il nostro comportamento e il nostro spirito, per consolidarsi in primo piano nella scala dei valori così da investire non soltanto l’elaborazione del pensiero, oggi affermato, ma nell’espletamento delle azioni nella tecnica come nell’economia e nella politica.
L’esperienza di tutti i secoli conosciuti ha mostrato il costante impegno della specie umana per il miglioramento della sua sorte e, di conseguenza, per il perfezionamento delle sue condizioni sociali (C.H.De Saint Simon), ma anche indipendentemente dalla storia “la sopravvivenza dell’umanità dipende dalla difesa dell’ambiente che dalla scienza è minacciato, ma che senza la scienza non si può salvare” (V. Mathieu – Bioetica in cammino”in Aa.Vv.1990).
“Si deve però trattare di fiducia non dettata da un superficiale ottimismo per allentare l’ansia di guardare in faccia le difficoltà che ci attendono, ma la fiducia come premessa di una necessaria operosità (….). Chiaramente l’esigenza primaria è quella dell’avanzamento della ricerca scientifica, con la collaborazione tra l’università e l’industria, per la quale si rende imprescindibile una formazione culturale (..) atta a far sentire tutti responsabili, poiché ciò che più conta per la condizione umana dipenderà sempre e in gran parte dall’uomo”. (Pozzati/Palmeri – Verso la cultura della responsabilità – Ed.Ambiente Milano).
La riflessione attuale sull’etica di responsabilità nell’economia, nelle professioni e nell’impresa diviene oggi centrale, nel ricercare per ciascun attore i propri presupposti storici originari, per adeguarsi a regole di un capitalismo ispirato da una consapevolezza orientata ad uno sviluppo sostenibile, non soltanto ecologico-ambientale, ma anche di quello di un reale progresso sociale ed umano.
L’etica della responsabilità non deve essere percepita come esterna alle regole del mercato, né insegnata o imposta ma sorgere spontanea nel mondo degli operatori illuminati e da questi stimolata, coltivata e valorizzata, nella convinzione che una economia di mercato funzionante e moderna non ha bisogno di nuove regole, ma di una maggiore responsabilità nell’applicazione di quelle esistenti, nella consapevolezza che questa “non è un lusso che le imprese si concedono solo quando le performance sono positive e le condizioni competitive favorevoli. È una strategia competitiva capace di generare valore per l’azienda che di essa fa principio guida” (F.Perrini – Il contributo delle imprese allo sviluppo – Rotary n°3 marzo 2009 – Ulisse Milano).
L’articolo del prof. ing. Adolfo Colombo su http://www.legislazionetecnica.it/