La riforma del “3+2” piace al mondo del lavoro.

Data:
3 Luglio 2009

Elevatissimi i tassi di impiego, significativo il livello di soddisfazione espresso dai neoassunti, anche se le retribuzioni non decollano. E restano significative differenze tra maschi e femmine.
Tre più due? Al Politecnico di Milano sembra dare – come risultato finale – un otto pieno! La riforma degli studi universitari, che non pochi dubbi ancora oggi suscita in ambito professionale, secondo la lettura dell’ateneo lombardo pare, invece, aver dato risultati più che positivi, addirittura lusinghieri. L’ultima indagine occupazionale dei laureati 2007, pubblicata nelle scorse settimane, è all’insegna di numeri che lo stesso Politecnico non ha esitato a definire vincenti.
Ecco, in estrema sintesi, le cifre più significative: “I laureati del Politecnico sono giovani (il 66 per cento dei laureati specialistici non ha più di 25 anni) e sono occupati: il 70 per cento dei laureati triennali che non hanno proseguito gli studi al Politecnico e l’88 per cento dei laureati specialistici intervistati sono stati assorbiti dal mondo del lavoro.
Otto laureati su dieci sono riusciti a trovare un impiego entro due mesi dalla laurea e nove su dieci entro quattro mesi”.
Il dato relativo ai triennali, con un 30 per cento di “senza lavoro” potrebbe essere giudicato negativamente. Non è così. Spiega, al riguardo, una nota del Politecnico: “Considerando i laureati triennali che non proseguono gli studi in ateneo, a parte il 70 per cento occupato in attività lavorative, c’è un 20 per cento che frequenta corsi specialistici in altri atenei o master di approfondimento e un 10 per cento che opta per altre forme di istruzione”. Insomma, chi non lavora già studia ancora (a vari livelli); di giovani ingegneri sulla strada sembrerebbe non esserci traccia.
“Questi sono numeri vincenti che dimostrano come il mondo del lavoro sia interessato a queste nuove figure professionali nate con la riforma. L’istituzione del 3+2 al Politecnico di Milano ha avuto gli effetti desiderati, abbassando l’età di entrata nel mondo del lavoro. Il numero dei giovani ingegneri con massimo 25 anni che ha iniziato a lavorare dal 1995 ad oggi è più che raddoppiato, triplicato quello degli architetti”.
Più che positivi sembrano essere anche i numeri relativi alla qualità delle prime occupazioni, almeno per quanto riguarda ingegneria (mentre qualche dubbio in più suscita architettura). Per quanto riguarda la stabilità, la situazione dei laureati triennali appare molto soddisfacente in quanto la metà esatta del campione occupa un posto di lavoro a tempo indeterminato (quota superiore rispetto al 46 per cento degli specialistici). Lo stesso Politecnico ricorda, comunque, come quella dell’ateneo milanese non sia una situazione generalizzabile all’universo dei neo laureati italiani in ingegneria. Il dato dei lavoratori a tempo indeterminato riportato nel volume Occupazione e remunerazione degli ingegneri in Italia anno 2007 a cura del Centro Studi del Consiglio Nazionale degli Ingegneri riporta, infatti, un valore nazionale pari al 28,5 per cento.
Tornando al Polimi, un altro numero significativo: ben due terzi del campione intervistato ha dichiarato di avere comunque un contratto di lavoro subordinato. Queste figure professionali lavorano, in prevalenza, preso grandi o medie aziende (mentre gli architetti e i designer lavorano per lo più in studi professionali o in piccole aziende con meno di 10 dipendenti); il che può essere considerato come un ulteriore elemento di stabilità.
Venendo al tema delle retribuzioni è inevitabile un certo raffreddamento dell’entusiasmo (almeno dal punto di vista degli occupati). Le retribuzioni medie rilevate dall’ultima indagine del Politecnico, e sempre relative ai proprio laureati, sono nell’ordine dei 1.350 euro mensili per gli ingeneri (rispetto ai 1.150 euro mensili per gli architetti). Viene segnalato come elemento positivo il fatto che quest’anno, rispetto al passato, ci sia una netta diminuzione della percentuale di laureati con un reddito medio inferiore ai 1.000 euro mensili. Comunque non c’è di che scialare…
Sarà anche per questa ragione che le possibilità di trovare una occupazione oltre confine viene vista con crescente interesse dai giovani ingegneri. “Le opportunità di lavoro offerte dall’estero cominciano ad apparire appetibili – ammettono al Politecnico di Milano – tanto che il 6 per cento dei laureati triennali e il 10 per cento degli specialistici emigra verso altre nazioni subito dopo la laurea. Questo dato conferma la forte connotazione internazionale dell’Ateneo, ma rappresenta anche un segnale per il mondo produttivo italiano costretto a confrontarsi oggi con competitor non più solo nazionali nel reclutamento dei migliori cervelli”.
Nonostante l’aspetto non marginale delle retribuzioni, la stragrande maggioranza degli interpellati – nel complesso l’indagine ha coinvolto 3.494 persone, che rappresenta oltre i tre quarti dei laureati – si è dichiarata “soddisfatta delle mansioni svolte”. D’altra parte la prima motivazione alla base della scelta di un’azienda nella quale condurre le prime esperienze lavorative ha a che fare con le opportunità di crescita professionale (anche a medio e lungo termine); mentre lo stipendio diventa un elemento imprescindibile solo nel caso di cambio di occupazione (per il 70 per cento degli ingegneri).
Quanto all’ingegnere in rosa, non si può negare il persistere di alcune evidenti asimmetrie (per non usare il termine discriminazioni). Le donne – che oggi nell’ambito degli studi di ingegneria rappresentano il 20 per cento degli iscritti e il 17 per cento dei laureati triennali – sono più veloci negli studi (il 75 per cento delle iscritte alla laurea specialistica completa effettivamente il percorso di studi nei due anni previsti, rispetto al 60 per cento dei maschi), ma pur trovando lavoro negli stessi tempi dei colleghi, ancora ricevono una retribuzione inferiore del 10-20 per cento. Il che significa appiattirsi sui 1.000 euro/mese come primo impiego.

Già in passato il Giornale dell’Ingegnere, dando notizia di queste indagini e riferendo quindi della presunta e diffusa soddisfazione dei giovani ingegneri al loro ingresso nel mondo del lavoro aveva suscitato non poche critiche, da parte di giovani lettori che non si riconoscevano in tanto entusiasmo. Nonostante lauree conseguite anche a pieni voti, avevano infatti trovato o trovavano tutt’ora grandi difficoltà nel passare dai banchi di studio alle scrivanie di lavoro. Speriamo che anche questo articolo, che ha riportato i risultati di un recentissimo studio del Politecnico di Milano, possa stimolare il dibattito e sentire il polso dei lettori sul tema.

L’articolo di Dario Cozzi è visibile su http://www.giornaleingegnere.it/